SINOSSI:
Parigi,
primavera del 1794.
II anno della Repubblica. Dal settembre del 1793 è in corso la prima parte del periodo del Terrore, quella in cui la fazione dei perdenti, e cioè dei meno estremisti, è condannata alla ghigliottina. La giovane Repubblica attraversa un momento di grave crisi. Le sue frontiere sono minacciate dalle forze realiste, mentre all'interno imperversano carestia, inflazione e la lotta tra le diverse fazioni.
II anno della Repubblica. Dal settembre del 1793 è in corso la prima parte del periodo del Terrore, quella in cui la fazione dei perdenti, e cioè dei meno estremisti, è condannata alla ghigliottina. La giovane Repubblica attraversa un momento di grave crisi. Le sue frontiere sono minacciate dalle forze realiste, mentre all'interno imperversano carestia, inflazione e la lotta tra le diverse fazioni.
Il
deputato
montagnardo
Danton
(Gerard
Depardieu),
che
con
Marat
e
Robespierre
è
uno
dei
grandi
protagonisti
della
Rivoluzione,
allarmato
dalle
notizie
che
gli
giungono
dalla
capitale
lascia
la
sua
campagna
ad
Arcis-sur-Aube
dove
si
era
ritirato
temporaneamente
e
ritorna
a
Parigi
per
cercare
di
arrestare
il
Terrore.
Morto Marat, un baratro ormai divide Danton e Robespierre. Benché abbia avuto gran parte nelle stragi, sia stato ministro della giustizia e membro del primo Comitato di salute pubblica, Danton ora vuole fermare il bagno di sangue: pensa che, abbattuta la monarchia, la Francia abbia bisogno di pace e tolleranza. Robespierre, al contrario, è convinto che per battere i nemici interni ed esterni la Rivoluzione non debba arrestarsi: anche a costo di essere ingiusti e crudeli, bisogna realizzare tutti i principi banditi dalla Carta dei diritti dell'uomo.
"Il bene del Paese ci impone di essere più che mai cinici", dice ai componenti del Comitato di Salute Pubblica.
Molto popolare, Danton è appoggiato dalla Convenzione e dagli amici politici che hanno influenza sull'opinione pubblica. Primo fra tutti il giornalista Camille Desmoulins (Patrice Chereau), vecchio compagno di scuola di Robespierre e direttore del giornale Le vieux cordelier.
Sicuro di sè, Georges Danton sfida dunque Robespierre ed il potente Comitato di Salute Pubblica, l'organo del governo rivoluzionario le cui figure principali sono Robespierre (Wojciech Pszoniak) e Saint Just (Boguslaw Linda).
Morto Marat, un baratro ormai divide Danton e Robespierre. Benché abbia avuto gran parte nelle stragi, sia stato ministro della giustizia e membro del primo Comitato di salute pubblica, Danton ora vuole fermare il bagno di sangue: pensa che, abbattuta la monarchia, la Francia abbia bisogno di pace e tolleranza. Robespierre, al contrario, è convinto che per battere i nemici interni ed esterni la Rivoluzione non debba arrestarsi: anche a costo di essere ingiusti e crudeli, bisogna realizzare tutti i principi banditi dalla Carta dei diritti dell'uomo.
"Il bene del Paese ci impone di essere più che mai cinici", dice ai componenti del Comitato di Salute Pubblica.
Molto popolare, Danton è appoggiato dalla Convenzione e dagli amici politici che hanno influenza sull'opinione pubblica. Primo fra tutti il giornalista Camille Desmoulins (Patrice Chereau), vecchio compagno di scuola di Robespierre e direttore del giornale Le vieux cordelier.
Sicuro di sè, Georges Danton sfida dunque Robespierre ed il potente Comitato di Salute Pubblica, l'organo del governo rivoluzionario le cui figure principali sono Robespierre (Wojciech Pszoniak) e Saint Just (Boguslaw Linda).
Tecnicamente
sarebbe
facile
mandare
sotto
processo
Danton,
implicato
com'è
in
parecchi
affari
di
corruzione
tra
cui
quello
della
Compagnia
delle
Indie.
Robespierre
però
in
un
primo
momento
rifiuta
di
farlo
arrestare
perchè
teme
la
collera
delle
classi
popolari
che
hanno
portato
alla
Rivoluzione
e
che
amano
molto
Danton.
Il
destino
di
Danton
si
gioca
in
un
drammatico
colloquio
tra
lui
e
Robespierre
che
si
svolge
in
un
scena
"a
porte
chiuse"
fondamentale
del
film.
In essa emergono in tutta la loro chiarezza le inconciliabili divergenze politiche ed i caratteri diametralmente opposti dei due leader della Rivoluzione superbamente interpretati dai due attori principali, il francese Gerard Depardieu e il polacco Wojciech Pszoniak.
La sequenza dell'incontro tra Danton e Robespierre è magnifica.
L'incontro si svolge in una piccola stanza di un palazzo parigino, in un' opprimente atmosfera claustrofobica. Danton viene mostrato come un buongustaio (ha fatto preparare una cena raffinatissima e beve vino durante tutta la scena).
In essa emergono in tutta la loro chiarezza le inconciliabili divergenze politiche ed i caratteri diametralmente opposti dei due leader della Rivoluzione superbamente interpretati dai due attori principali, il francese Gerard Depardieu e il polacco Wojciech Pszoniak.
La sequenza dell'incontro tra Danton e Robespierre è magnifica.
L'incontro si svolge in una piccola stanza di un palazzo parigino, in un' opprimente atmosfera claustrofobica. Danton viene mostrato come un buongustaio (ha fatto preparare una cena raffinatissima e beve vino durante tutta la scena).
E'
solo
lui
che
si
alza,
si
muove,
che
occupa
spazio,
mentre
nel
frattempo
spiega
che
si
batte
per
il
bene
del
popolo
--
che
lui
conosce
bene
e
Robespierre
invece
no
--
affinchè
possa
ritrovare
davvero
la
libertà
che
il
governo
del
Terrore
gli
ha
tolto.
"Voglio
che
finisca
il
Terrore
proprio
perchè
sono
uno
di
quelli
che
l'ha
instaurato".
Tu
dimentichi
che
noi
uomini
siamo
fatti
di
carne
ed
ossa!
Che
ne
sai
tu
del
popolo?
Vuoi
fare
la
felicità
del
popolo
se
tu
stesso
non
sai
cosa
voglia
dire
essere
un
uomo?"
ed
ancora
"Maxime,
io
me
ne
fotto
dei
Comitati!"
sono
soltanto
alcune
delle
frasi
sferzanti
che
getta
in
faccia
a
Robespierre.
Robespierre,
di
fronte
a
Danton,
rimane
immobile,
dritto
sulla
sedia
e
tocca
appena
il
suo
bicchiere
di
vino,
incarnando
così
l'idea
della
virtù
che
vuol
fare
trionfare.
Appare dogmatico, freddo, uno che fa rientrare l'idea della felicità del popolo in una sterile concezione teorica, uomo di governo che agisce in nome del popolo ma che non lo conosce, il popolo, perchè ne sta lontano. Non esita a minacciare Danton: "Se tu smetti di attaccarmi, ti prometto che non avrai nulla da temere".
Appare dogmatico, freddo, uno che fa rientrare l'idea della felicità del popolo in una sterile concezione teorica, uomo di governo che agisce in nome del popolo ma che non lo conosce, il popolo, perchè ne sta lontano. Non esita a minacciare Danton: "Se tu smetti di attaccarmi, ti prometto che non avrai nulla da temere".
Ma la la rottura è
consumata. Questa volta su proposta di Robespierre, il 30 marzo 1794,
il Comitato di Salute Pubblica ordina l'arresto di Danton e dei suoi
seguaci.
Robespierre
fa arrestare anche Desmoulins, nonostante sia l'unica persona verso
la quale sembra nutrire una parvenza di amicizia e di affetto.
Il
processo che segue non è che una farsa. Danton usa tutta l'eloquenza
che lo ha reso celebre per difendere il gruppo accusato.
Fa
di
tutto
per
spingere
il
Tribunale
rivoluzionario,
a
capo
del
quale
c'è
il
Grande
Accusatore
Fouquier-Tinville,
alle
estreme
conseguenze.
Senza
testimoni,
senza
possibilità
di
difendersi,
senza
possibilità
di
ottenere
la
parola,
i
fedeli
di
Danton
si
rivolgono
alla
folla:
"Popolo
francese..."
che
manifesta
loro
la
propria
simpatia
intonando
La
Marsigliese.
La
voce tonante di Danton esalta la folla ed allora il giudice
Fouquier-Tinville, dietro la pressione di Robespierre utilizza un
decreto che tronca il dibattito e vieta alla stampa di scrivere. La
sentenza è, ovviamente, la morte. Il gruppo è imprigionato,
Desmoulins rifiuta la visita di Robespierre che vorrebbe
risparmiarlo.
Vengono tutti ghigliottinati il 5 aprile del 1794.
Vengono tutti ghigliottinati il 5 aprile del 1794.
Le
ultime
parole
di
Danton
sono
al
boia
Samson:
"Tu
mostrerai
la
mia
testa
al
popolo,
ne
vale
la
pena".
E Samson lo farà, afferrandola per i capelli dal fondo dell'orribile canestro. In quel momento, Robespierre è a letto febbricitante e nel suo tragico delirio, intuisce la sconfitta di una Rivoluzione basata sulla violenza.
Le scene finali mostrano un Saint Just esultante ma un Robespierre irrequieto e tormentato dal ricordo di quello che gli aveva profetizzato Danton nel corso del loro ultimo, fatale colloquio: il primo a cadere fra loro due avrebbe inevitabilmente trascinato l'altro alla rovina, e con essi sarebbe morta la Rivoluzione
Il film si chiude così. Ma noi sappiamo che lo stesso Robespierre verrà ghigliottinato appena due mesi dopo e il boia Samson mostrerà alla folla la sua testa.
E Samson lo farà, afferrandola per i capelli dal fondo dell'orribile canestro. In quel momento, Robespierre è a letto febbricitante e nel suo tragico delirio, intuisce la sconfitta di una Rivoluzione basata sulla violenza.
Le scene finali mostrano un Saint Just esultante ma un Robespierre irrequieto e tormentato dal ricordo di quello che gli aveva profetizzato Danton nel corso del loro ultimo, fatale colloquio: il primo a cadere fra loro due avrebbe inevitabilmente trascinato l'altro alla rovina, e con essi sarebbe morta la Rivoluzione
Il film si chiude così. Ma noi sappiamo che lo stesso Robespierre verrà ghigliottinato appena due mesi dopo e il boia Samson mostrerà alla folla la sua testa.
Il
Danton
di
Wajda
si
presta
ad
una
lettura
almeno
duplice:
storica
e
politica.
Certo,
all'interno
del
film
lo
scontro
si
riduce
a
quello
di
due
uomini:
Robespierre
e
Danton,
ma
è
chiaro
che
questi
due
personaggi
incarnano,
per
il
regista,
due
modalità
di
intendere
la
guida
di
una
nazione:
Danton
la
vita,
il
popolo,
la
passione;
Robespierre
il
principio
astratto,
il
calcolo,
il
cinismo
politico.
Però è storicamente noto e documentato che, nella realtà, l'opposizione di Danton --- arricchitosi con speculazioni di ogni tipo --- al regime del Terrore derivava in realtà dalla necessità di non inimicarsi gli aristocratici e i borghesi arricchiti e gli usurai.
Lo scontro cui assistiamo è in realtà lo scontro tra due modalità diverse, ma in qualche modo speculari, di utilizzare "il popolo".
A questo si aggiunge che il film di Wajda comporta un duplice discorso. Da una parte ricostruzione storica di uno dei più celebri processi politici della Rivoluzione per mostrarne l'ingiustizia, ma contemporaneamente, attraverso questo, denunciare le purghe dell'URSS e dei Paesi dell'Est. Un doppio discorso dunque, sulla Rivoluzione francese e sul comunismo, su una Francia dilaniata in quei tempi di Terrore e su una Polonia che subiva, negli anni '80, il potere del generale Jaruzelski e di Mosca. Danton come Lech Walesa e Robespierre come Jaruzelski, dunque?
Si tratta di un grande film, che però occorre saper decodificare.
Si é già detto delll'impianto teatrale del lavoro di Wajda. In effetti, il regista si è basato su due opere teatrali che sono La morte di Danton di Georg Büchner, un dramma romantico tedesco del 1835 dal quale sono tratte la trama e alcune citazioni e L'Affare Danton della drammaturga polacca Stanislawa Przybyszewska, una pièce scritta tra il 1925 et 1929.
Qualche parola su attori, musica e luoghi del film.
Danton è interpretato da un Depardieu a tratti rodomontesco che con la sua recitazione fisica diventa una forza della natura, espansivo e travolgente, che buca ed occupa la scena. Fa del suo personaggio il manifesto di un appello al volto umano della Rivoluzione.
A lui si contrappone in modo eccellente il rigido e monolitico Robespierre interpretato dall'ascetico e interiorizzato Pszoniak che tende a compensare i dubbi interiori che lo lacerano fino alla malattia con la maschera inflessibile di una razionalità spinta sino al punto di considerare la felicità del popolo come un fine da perseguire anche contro la sua stessa volontà come quando appoggia l'ordine d'arresto dell'amico Camille Demoulins.
La musica originale di Jean Prodomides, disarmonica, che alterna note gravi e molto acute, è estremamente efficace nel creare tensione. A partire dalla sequenza di apertura, in cui la carrozza che porta Danton e la sua seconda moglie a Parigi ottiene il via libera dai sanculotti che vigilano alle porte della capitale.
E infine: come non rimanere colpiti dal fatto che l'ambientazione scelta per la prigionia di Danton e dei suoi fosse quel castello di Guermantes nel dipartimento di Seine-et-Marne al cui nome si ispirò Proust per alcuni dei personaggi più importanti della sua Recherche.
Però è storicamente noto e documentato che, nella realtà, l'opposizione di Danton --- arricchitosi con speculazioni di ogni tipo --- al regime del Terrore derivava in realtà dalla necessità di non inimicarsi gli aristocratici e i borghesi arricchiti e gli usurai.
Lo scontro cui assistiamo è in realtà lo scontro tra due modalità diverse, ma in qualche modo speculari, di utilizzare "il popolo".
A questo si aggiunge che il film di Wajda comporta un duplice discorso. Da una parte ricostruzione storica di uno dei più celebri processi politici della Rivoluzione per mostrarne l'ingiustizia, ma contemporaneamente, attraverso questo, denunciare le purghe dell'URSS e dei Paesi dell'Est. Un doppio discorso dunque, sulla Rivoluzione francese e sul comunismo, su una Francia dilaniata in quei tempi di Terrore e su una Polonia che subiva, negli anni '80, il potere del generale Jaruzelski e di Mosca. Danton come Lech Walesa e Robespierre come Jaruzelski, dunque?
Si tratta di un grande film, che però occorre saper decodificare.
Si é già detto delll'impianto teatrale del lavoro di Wajda. In effetti, il regista si è basato su due opere teatrali che sono La morte di Danton di Georg Büchner, un dramma romantico tedesco del 1835 dal quale sono tratte la trama e alcune citazioni e L'Affare Danton della drammaturga polacca Stanislawa Przybyszewska, una pièce scritta tra il 1925 et 1929.
Qualche parola su attori, musica e luoghi del film.
Danton è interpretato da un Depardieu a tratti rodomontesco che con la sua recitazione fisica diventa una forza della natura, espansivo e travolgente, che buca ed occupa la scena. Fa del suo personaggio il manifesto di un appello al volto umano della Rivoluzione.
A lui si contrappone in modo eccellente il rigido e monolitico Robespierre interpretato dall'ascetico e interiorizzato Pszoniak che tende a compensare i dubbi interiori che lo lacerano fino alla malattia con la maschera inflessibile di una razionalità spinta sino al punto di considerare la felicità del popolo come un fine da perseguire anche contro la sua stessa volontà come quando appoggia l'ordine d'arresto dell'amico Camille Demoulins.
La musica originale di Jean Prodomides, disarmonica, che alterna note gravi e molto acute, è estremamente efficace nel creare tensione. A partire dalla sequenza di apertura, in cui la carrozza che porta Danton e la sua seconda moglie a Parigi ottiene il via libera dai sanculotti che vigilano alle porte della capitale.
E infine: come non rimanere colpiti dal fatto che l'ambientazione scelta per la prigionia di Danton e dei suoi fosse quel castello di Guermantes nel dipartimento di Seine-et-Marne al cui nome si ispirò Proust per alcuni dei personaggi più importanti della sua Recherche.
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