lunedì 2 febbraio 2015

film DANTON (1983) diretto da Andrzej Wajda

 SINOSSI:
Parigi, primavera del 1794.
II anno della Repubblica. Dal settembre del 1793 è in corso la prima parte del periodo del Terrore, quella in cui la fazione dei perdenti, e cioè dei meno estremisti, è condannata alla ghigliottina. La giovane Repubblica attraversa un momento di grave crisi. Le sue frontiere sono minacciate dalle forze realiste, mentre all'interno imperversano carestia, inflazione e la lotta tra le diverse fazioni.
Il deputato montagnardo Danton (Gerard Depardieu), che con Marat e Robespierre è uno dei grandi protagonisti della Rivoluzione, allarmato dalle notizie che gli giungono dalla capitale lascia la sua campagna ad Arcis-sur-Aube dove si era ritirato temporaneamente e ritorna a Parigi per cercare di arrestare il Terrore.
Morto Marat, un baratro ormai divide Danton e Robespierre. Benché abbia avuto gran parte nelle stragi, sia stato ministro della giustizia e membro del primo Comitato di salute pubblica, Danton ora vuole fermare il bagno di sangue: pensa che, abbattuta la monarchia, la Francia abbia bisogno di pace e tolleranza. Robespierre, al contrario, è convinto che per battere i nemici interni ed esterni la Rivoluzione non debba arrestarsi: anche a costo di essere ingiusti e crudeli, bisogna realizzare tutti i principi banditi dalla Carta dei diritti dell'uomo.
"Il bene del Paese ci impone di essere più che mai cinici", dice ai componenti del Comitato di Salute Pubblica.
Molto popolare, Danton è appoggiato dalla Convenzione e dagli amici politici che hanno influenza sull'opinione pubblica. Primo fra tutti il giornalista Camille Desmoulins (Patrice Chereau), vecchio compagno di scuola di Robespierre e direttore del giornale Le vieux cordelier.
Sicuro
di sè, Georges Danton sfida dunque Robespierre ed il potente Comitato di Salute Pubblica, l'organo del governo rivoluzionario le cui figure principali sono Robespierre (Wojciech Pszoniak) e Saint Just (Boguslaw Linda).
Tecnicamente sarebbe facile mandare sotto processo Danton, implicato com'è in parecchi affari di corruzione tra cui quello della Compagnia delle Indie. Robespierre però in un primo momento rifiuta di farlo arrestare perchè teme la collera delle classi popolari che hanno portato alla Rivoluzione e che amano molto Danton. Il destino di Danton si gioca in un drammatico colloquio tra lui e Robespierre che si svolge in un scena "a porte chiuse" fondamentale del film.
In
essa emergono in tutta la loro chiarezza le inconciliabili divergenze politiche ed i caratteri diametralmente opposti dei due leader della Rivoluzione superbamente interpretati dai due attori principali, il francese Gerard Depardieu e il polacco Wojciech Pszoniak.
La sequenza dell'incontro tra Danton e Robespierre è magnifica.
L'incontro
si svolge in una piccola stanza di un palazzo parigino, in un' opprimente atmosfera claustrofobica. Danton viene mostrato come un buongustaio (ha fatto preparare una cena raffinatissima e beve vino durante tutta la scena).
E' solo lui che si alza, si muove, che occupa spazio, mentre nel frattempo spiega che si batte per il bene del popolo -- che lui conosce bene e Robespierre invece no -- affinchè possa ritrovare davvero la libertà che il governo del Terrore gli ha tolto. "Voglio che finisca il Terrore proprio perchè sono uno di quelli che l'ha instaurato".
Tu dimentichi che noi uomini siamo fatti di carne ed ossa! Che ne sai tu del popolo? Vuoi fare la felicità del popolo se tu stesso non sai cosa voglia dire essere un uomo?" ed ancora "Maxime, io me ne fotto dei Comitati!" sono soltanto alcune delle frasi sferzanti che getta in faccia a Robespierre.
Robespierre, di fronte a Danton, rimane immobile, dritto sulla sedia e tocca appena il suo bicchiere di vino, incarnando così l'idea della virtù che vuol fare trionfare.
Appare
dogmatico, freddo, uno che fa rientrare l'idea della felicità del popolo in una sterile concezione teorica, uomo di governo che agisce in nome del popolo ma che non lo conosce, il popolo, perchè ne sta lontano. Non esita a minacciare Danton: "Se tu smetti di attaccarmi, ti prometto che non avrai nulla da temere".
Ma la la rottura è consumata. Questa volta su proposta di Robespierre, il 30 marzo 1794, il Comitato di Salute Pubblica ordina l'arresto di Danton e dei suoi seguaci.
Robespierre fa arrestare anche Desmoulins, nonostante sia l'unica persona verso la quale sembra nutrire una parvenza di amicizia e di affetto.
Il processo che segue non è che una farsa. Danton usa tutta l'eloquenza che lo ha reso celebre per difendere il gruppo accusato.
Fa di tutto per spingere il Tribunale rivoluzionario, a capo del quale c'è il Grande Accusatore Fouquier-Tinville, alle estreme conseguenze.
Senza testimoni, senza possibilità di difendersi, senza possibilità di ottenere la parola, i fedeli di Danton si rivolgono alla folla: "Popolo francese..." che manifesta loro la propria simpatia intonando La Marsigliese.
La voce tonante di Danton esalta la folla ed allora il giudice Fouquier-Tinville, dietro la pressione di Robespierre utilizza un decreto che tronca il dibattito e vieta alla stampa di scrivere. La sentenza è, ovviamente, la morte. Il gruppo è imprigionato, Desmoulins rifiuta la visita di Robespierre che vorrebbe risparmiarlo.
Vengono tutti ghigliottinati il 5 aprile del 1794.
Le ultime parole di Danton sono al boia Samson: "Tu mostrerai la mia testa al popolo, ne vale la pena".
E
Samson lo farà, afferrandola per i capelli dal fondo dell'orribile canestro. In quel momento, Robespierre è a letto febbricitante e nel suo tragico delirio, intuisce la sconfitta di una Rivoluzione basata sulla violenza.
Le
scene finali mostrano un Saint Just esultante ma un Robespierre irrequieto e tormentato dal ricordo di quello che gli aveva profetizzato Danton nel corso del loro ultimo, fatale colloquio: il primo a cadere fra loro due avrebbe inevitabilmente trascinato l'altro alla rovina, e con essi sarebbe morta la Rivoluzione

Il
film si chiude così. Ma noi sappiamo che lo stesso Robespierre verrà ghigliottinato appena due mesi dopo e il boia Samson mostrerà alla folla la sua testa.
Il Danton di Wajda si presta ad una lettura almeno duplice: storica e politica. Certo, all'interno del film lo scontro si riduce a quello di due uomini: Robespierre e Danton, ma è chiaro che questi due personaggi incarnano, per il regista, due modalità di intendere la guida di una nazione: Danton la vita, il popolo, la passione; Robespierre il principio astratto, il calcolo, il cinismo politico.
Però
è storicamente noto e documentato che, nella realtà, l'opposizione di Danton --- arricchitosi con speculazioni di ogni tipo --- al regime del Terrore derivava in realtà dalla necessità di non inimicarsi gli aristocratici e i borghesi arricchiti e gli usurai.
Lo
scontro cui assistiamo è in realtà lo scontro tra due modalità diverse, ma in qualche modo speculari, di utilizzare "il popolo".
A
questo si aggiunge che il film di Wajda comporta un duplice discorso. Da una parte ricostruzione storica di uno dei più celebri processi politici della Rivoluzione per mostrarne l'ingiustizia, ma contemporaneamente, attraverso questo, denunciare le purghe dell'URSS e dei Paesi dell'Est. Un doppio discorso dunque, sulla Rivoluzione francese e sul comunismo, su una Francia dilaniata in quei tempi di Terrore e su una Polonia che subiva, negli anni '80, il potere del generale Jaruzelski e di Mosca. Danton come Lech Walesa e Robespierre come Jaruzelski, dunque?
Si tratta di un grande film, che però occorre saper decodificare.
Si
é già detto delll'impianto teatrale del lavoro di Wajda. In effetti, il regista si è basato su due opere teatrali che sono La morte di Danton di Georg Büchner, un dramma romantico tedesco del 1835 dal quale sono tratte la trama e alcune citazioni e L'Affare Danton della drammaturga polacca Stanislawa Przybyszewska, una pièce scritta tra il 1925 et 1929.
Qualche parola su attori, musica e luoghi del film.
Danton
è interpretato da un Depardieu a tratti rodomontesco che con la sua recitazione fisica diventa una forza della natura, espansivo e travolgente, che buca ed occupa la scena. Fa del suo personaggio il manifesto di un appello al volto umano della Rivoluzione.
A
lui si contrappone in modo eccellente il rigido e monolitico Robespierre interpretato dall'ascetico e interiorizzato Pszoniak che tende a compensare i dubbi interiori che lo lacerano fino alla malattia con la maschera inflessibile di una razionalità spinta sino al punto di considerare la felicità del popolo come un fine da perseguire anche contro la sua stessa volontà come quando appoggia l'ordine d'arresto dell'amico Camille Demoulins.
La musica originale di Jean Prodomides, disarmonica, che alterna note gravi e molto acute, è estremamente efficace nel creare tensione. A partire dalla sequenza di apertura, in cui la carrozza che porta Danton e la sua seconda moglie a Parigi ottiene il via libera dai sanculotti che vigilano alle porte della capitale.
E infine: come non rimanere colpiti dal fatto che l'ambientazione scelta per la prigionia di Danton e dei suoi fosse quel castello di Guermantes nel dipartimento di Seine-et-Marne al cui nome si ispirò Proust per alcuni dei personaggi più importanti della sua Recherche.

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