lunedì 23 febbraio 2015

DEI SEPOLCRI (Ugo Foscolo)

ANALISI  DETTAGLIATA

In latino: "I diritti dei Mani (i morti) siano santi. (Dalle 12 Tavole romane - dà sacralità all'opera)


vv. 1-13: Sotto l'ombra dei cipressi e dentro le tombe, confortate (aggettivo pieno di affetto) dal pianto dei vivi, forse la morte è meno crudele? (Inizia con una domanda retorica , con negazione, secondo la sua concezione materialistica e illuministica; cioè le tombe non servono a niente.) Quando ormai il sole non illuminerà più il mondo e quando ormai il futuro (le ore che danzano sono un concetto elegante, classico) non ci sarà più per me, ne io ascolterò più la tua triste poesia o amico (Ippolito Pindemonte, al quale è dedicato il Carme e che scrisse un poemetto sui cimiteri), ormai mi ispirerà la poesia pura (perchè per Foscolo la poesia doveva essere libera dalle servitù dei potenti) che è stata d'aiuto alla mia vita tormentata,

vv. 14-22: per me, morto, che sollievo sarà una tomba, una lapide che distingua le mie ossa dalle tante sparse dovunque? (concezione materialistica, negativa). Purtroppo è vero! O Pindemonte! Anche la speranza, che è l'ultima a morire, fugge la tomba e tutto muore; la dimenticanza trascina tutto nel suo buio e una forza continua tormenta tutto ed il tempo cambia l'uomo, i cadaveri e tutto ciò che rimane della terra e del cielo. (concezione materialistica).
vv. 23-29: Qui inizia la ribellione della Speranza, dell'Illusione che l'uomo, pur sapendo con la ragione che la Tomba non serve a niente, col cuore vuole sperare di non morire del tutto, restare vivo nel ricordo, per le imprese fatte. Ma perchè l'uomo deve togliersi, prima del tempo, l'illusione che una volta morto, lo fa un po' fermare prima dell'Al di là? Non vive anche dopo morto, quando non vedrà la luce, se questa luce può dare a lui l'affetto degli amici e dei parenti?
vv. 30-41: E' Divino questo scambio di affetto fra i vivi e i morti (quindi per prima cosa i Sepolcri servono a mantenere vivo il ricordo del morto) e per questo il vivo vive col morto e il morto col vivo, se la terra pietosa che lo raccolse da bambino, lo raccoglierà anche da morto, difendendo il suo cadavere dalle tempeste e dai piedi del volgo e una pietra (lapide) conservi il suo nome e un albero profumato gli dia ombra. (al femminile, dal latino, per un senso di dolcezza).
vv. 42-51: Solo colui che non lascia amici ha poca gioia della tomba e se pensa dopo il suo funerale, si vede nell'Inferno o nel Purgatorio; ma lascia la sua polvere alle erbacce, dove nessuno andrà a pregare, nè un passeggero solitario vedrà il sospiro che la natura ci manda dalla tomba. Però una nuova legge (Editto di Saint Cloud, in Francia del 1804) vuole che i cimiteri siano lontani dalle città e le Tombe tutte uguali.
vv. 52-70: E ora Talia (la musa della poesia satirica, perchè Parini scrisse il Giorno, poemetto satirico contro i signori ricchi, come Sardanapalo, Re assiro, vizioso) il tuo poeta è seppellito lontano dalla sua casa. O Musa, tu non sei vicino a lui, sotto l'albero del Tiglio che ora è triste (dà un'anima all'albero, e questo è classicismo) perchè non fa ombra sulla tomba di Parini.
vv. 71-91: Forse Parini è sepolto vicino ad un assassino che fu ghigliottinato. La città di Milano, corrotta, non gli diede un degno sepolcro. (Ora Foscolo descrive, con un sentimento preromantico, lugubre, notturno da Ossian, un cimitero). Ora senti la cagna abbandonata fra le sterpaglie, affamata e l'upupa (non è un uccello notturno, ma Foscolo qui la usa perchè, a causa di tante "U" dà un suono lugubre e cupo) che si nutre di cadaveri (sporca) accusa la luce delle stelle. Purtroppo sui morti, se non ci sono pianti degli amici affettuosi, non nasce nessun fiore. Adesso Foscolo dice che da sempre l'uomo ha dato importanza alle tombe,
vv 151-180 : (Questa è la parte centrale, più importante dei Sepolcri, perchè spiega la loro funzione centrale) le Tombe degli uomini forti ispirano a grandi imprese e rendono santa la terra che accoglie, come il Sepolcro di Santa Croce a Firenze in cui sono sepolti grandi uomini come Machiavelli che, con il Principe, fece vedere al popolo, la crudeltà di questi, con la scusa di dargli consigli (non è proprio vero perchè nel Principe, Machiavelli, dà davvero consigli di crudeltà, ma Foscolo vuole difendere Machiavelli dall'accusa di immortalità seguendo la tesi repubblicana, democratica, del Rousseau, Boccollini, ma Foscolo vuole difendere Machiavelli) e c'è anche Michelangelo che ideò la cupola di San Pietro e Galileo e altri. Ma tu Firenze sei beata anche per il tuo clima sereno e per i tuoi fiumi, che scendono a te dai monti dell'Appennino. La luna lieta della tua aria serena illumina i tuoi colli in festa per la vendemmia, le valli intorno piene di case e di uliveti mandano profumi di fiori in cielo: e Tu, per prima o Firenze, ascoltavi il carme (l'opera: la Divina Commedia di Dante, un ghibellino in esilio, perchè durante l'esilio si avvicinò all'impero: ebbe fiducia nell'Imperatore Arrigo VII). Prima egli era sempre stato Guelfo di parte bianca, rabbia perchè, nella sua opera egli si scaglia contro la corruzione del tempo, e tu (o Firenze) hai dato i natali e la lingua e quel poeta (Petrarca) dalla poesia dolce (Calliope: musa della poesia dolce) che ponendo un puro velo all'Amore (amore spirituale) che prima in Grecia e a Roma era fisico, offriva quest'amore a Venere celeste, spirituale; ma più felice, te, o Firenze, perchè hai riunite in un Tempio (il Sepolcro di Santa Croce) le glorie italiane,
vv. 180-197: le sole, forse da quando le Alpi (un tempo difesa dell'Italia dallo straniero) era mal vietate, cioè facilmente attraversabili da tutti e da quando le varie vicende umane ti tolsero armi, ricchezze, altari (religione), la patria e tranne il ricordo del passato glorioso, tutto. Poichè se c'è un posto, come il Sepolcro di Santa Croce, dove brilla speranza di gloria per i giovani forti e per l'Italia, da questo posto prenderemo i buoni auguri per un futuro migliore. In questo Sepolcro si recava spesso Vittorio (Alfieri, scrittore del '700 ammirato molto da Foscolo e per questo chiamato qui per nome. Ma mentre Alfieri era isolato e staccato dagli avvenimenti politici, il Foscolo vive e parteci- pa.) per trovare ispirazione. Egli era pieno d'ira per gli dei della Patria (che non era libera) e in silenzio cercava i luoghi più deserti, guardando il cielo, pieno di speranza; e, poichè niente del suo periodo lo rendeva sereno, si riposava qui; e aveva il viso teso. Adesso vive qui con i grandi uomini; vive, è seppellito, vive perchè è sempre vivo il suo ricordo per essere stato un uomo di grandi ideali pattriottici.
vv. 279-fine: Un giorno vedrete umile e modesto un cieco (il poeta Omero) e vagando entrare nelle tombe, abbracciare il sepolcro e chiedere ispirazione. Le tombe risponderanno (funzione ispiratrice della poesia, grazie alle tombe dei grandi uomini) e parleranno di Ilio (Troia, Ilio, dal nome del suo fondatore) distrutta due volte (da Ercole e dalle Amazzoni) e due volte risorta in silenzio per rendere più gloriosa la conquista ai greci, portati dal Fato. Il sacro profeta (Omero) calmando gli eroi morti con la poesia, renderà, col suo canto eterni i capi greci per uno spazio quasi infinito per tutto il mondo (ai tempi di Omero il mondo si pensava circondato da un immenso fiume, l'Oceano). E tu, Ettore (figlio di Priamo) sarai onorato in tutti i posti dove è ritenuto sacro il sangue versato per la Patria fino a quando il sole illuminerà le infelicità della vita.
Il Carme finisce con una immagine di vita: il Sole , e di dolore: morte e sciagura.


venerdì 13 febbraio 2015

UGO FOSCOLO : UN NEOCLASSICO ROMANTICO
IL POETA-VATE (1778-1827)
Egli impresse un forte impulso al sentimento nazionale: 
voleva l’ltalia indipendente e una. Influì sulle nuove
 generazioni con i suoi scritti politici e soprattutto con
 la sua poesia cui assegnava un’alta missione civile.

ritratto di Ugo Foscolo, 1813
(François-Xavier Fabre) 



LE IDEE
1 ) LA CONCEZIONE MECCANICISTICA:
Foscolo visse profondamente la crisi intellettuale e morale del suo tempo
 che segnava il passaggio dalla ideologia illuministica a quella romantica. 
Egli si chiese perché mai l’uomo, che è anche dotato di fantasia, debba
 rassegnarsi alla triste realtà che lo vede destinato al “nulla eterno” e non
 tentare invece di superare la frontiera fra la vita e la morte.
La fantasia, infatti, è in grado di fornire all’uomo degli ideali capaci di
 appagare la sua sete di eternità.
2) LE ILLUSIONI :
Gli ideali capaci  di  dare un senso ed un valore alla vita dell’uomo sono
 la Libertà, la Giustizia, la Patria, laFamiglia, l’Eroismo, il Sepolcro, ma
 soprattutto la Poesia, che è capace di sfidare i secoli perpetuando la 
memoria dei “grandi”. La Ragione considera questi ideali niente altro che 
delle “ILLUSIONI”, ma il cuore può accettarli con un “atto di fede”: nasce 
così la “religione delle illusioni”, una sorta di religione “laica”, cui 
 Foscolo votò la propria esistenza a dispetto della Ragione, che da sola 
non gli consentiva di superare l’ateismo illuministico.    

IL CONFLITTO INTERIORE
Foscolo nutrì una profonda fede nelle illusioni cui assegnò l’ufficio di
 appagare la sua sete di fama e di eternità.
Non riuscì mai però ad accettarle razionalmente, sicché esse furono 
occasione di un appassionato conflitto interiore fra cuore e intelletto, 
fra sentimento e ragione dominante la sua vita spirituale, che tentò di
 superare con la poesia (non potendo con la ragione).
Da qui deriva l’ anelito verso gli ideali classici e la consapevolezza 
dell’impossibilita’ a realizzarli nella società del suo tempo.

LA SEHNSUCHT
Il mondo classico gli appariva la patria della “Armonia” suprema e vi 
si rivolse con profonda speranza e con l’animo nostalgico del pellegrino 
che sogna la patria lontana sapendo di non
potervi ritornare. Il suo classicismo fu dunque necessità intima dello 
spirito, esigenza
profonda di trovare la “calma interiore” di realizzare nell’arte del suo
 tempo il “Vero” e il “Bello”. (nota 1 )
L’impossibilità di realizzare tutto ciò in un’epoca di crisi lo porta ad
 uno stato d’animo di SEHNSUCHT (bramosia di cosa irrealizzabile)
 che è la sua componente romantica.

ULTIME LETTERE DI JACOPO ORTIS - sinossi
Dopo il trattato di Campoformio, Jacopo, giovane ardente di 
patriottismo, smarrita la fede nella libertà, nella patria e negli uomini, 
fugge sui Colli Euganei e trascorre là il suo tempo, fra l'umile gente 
di un villaggio. In quel villaggio conosce Teresa, la divina fanciulla
 che lo potrebbe sollevare dalla disperazione; ma Teresa è già 
promessa ad Odoardo.
Dopo una malattia, Jacopo, per non legare oltre Teresa al suo 
dramma, lascia i Colli Euganei e va errabondo attraverso l'Italia. 
A Milano ha un colloquio col Parini. Si reca poi in Francia, ritorna
 sui Colli Euganei, quindi va a Venezia; infine, perduta ogni 
peranza nella libertà e nell'amore, si uccide trafiggendosi con un pugnale.

«Il sacrificio della patria nostra è consumato.»
L’incipit del romanzo impone già da subito il tema dell’eroe che 
sperimenta sulla propria pelle i drammi di una cocente delusione
 storica per il "Trattato di Campoformio" che tradì le speranze 
libertarie di Foscolo ed evidenzia l’elemento romantico ed estremo
 che caratterizza l’eroe Jacopo.
L’Ortis è dunque Foscolo deluso, che si sente condannato all’esilio
 nell’Italia assoggettata più ad un proprio servilismo che alla 
dominazione straniera. Foscolo adopera l’Ortis come un 
esorcismo del proprio nichilismo e del proprio sconforto; 
infatti l’Ortis muore suicida, mentre il Foscolo continua a vivere.

LA CRITICA ALL’ORTIS
L'opera può considerarsi un romanzo epistolare ed autobiografico 
e fu pubblicata nel 1802 a Milano. L'Ortis ha delle analogie con 
il celeberrimo I dolori del giovane Werther di Goethe.
 Si ritrovano il tema di un giovane che si suicida per amore 
di una donna già promessa ad altri e l'atmosfera improntata 
ad un romantico idealismo. Nell’Ortis, però, tematica amorosa
 e politica sono collegate.
Due motivi principali vi sono presenti:
il motivo politico, ossia la delusione successiva al trattato di Campoformio;
il motivo amoroso, ossia l'impossibilità di conseguire l'amore.
Il suicidio di Jacopo, alla fine romanzo, non è atto di rinuncia,
 bensì di eroismo.

I SONETTI
Foscolo compose dopo il 1798 dodici sonetti. Come l'Ortis,
essi sono intrisi di materia
autobiografica. Il tono non è più quello dello sfogo ma
 Foscolo pare osservare la propria vita dall'alto. I sonetti 
si presentano in forma di dialogo del poeta con se stesso. 
La struttura è evocativa e invocativa: Foscolo, cioè, evoca 
i ricordi ed invoca sempre qualcosa.
Accanto alla meditazione interiore compare una certa speranza 
nel futuro. I sonetti più famosi sono tre: 
"In morte del fratello Giovanni";"A Zacinto"; "Alla sera“.

LE ODI
Le Odi composte da Ugo Foscolo sono due:
"A Luigia Pallavicini caduta da cavallo“, in cui affiorano
 i temi della caducità della bellezza e della necessità 
di proteggerla ed eternarla con la poesia.
"All'amica risanata“ che celebra
 la guarigione di Antonietta Fagnani Arese;
 nell'ode vi è il tema della bellezza
 che agisce all'interno dell'uomo 
confortandolo. Tratti comuni delle
 due odi sono i seguenti:
 Prendono ispirazione da un fatto esterno reale.
 Celebrano la bellezza.
 Ricorrono a immagini mitologiche 
per operare la trasfigurazione.
La compresenza di questi elementi 
permettono di affermare che si tratta
 di odi di tendenza neoclassica.

Antonietta Fagnani Arese è considerata una delle figure di
 spicco della società milanese in epoca napoleonica. 
Esperta di francese, inglese e tedesco, aiutò Ugo Foscolo 
nella revisione delle Ultime lettere di Jacopo Ortis (1802), 
e nella traduzione de I dolori del giovane Werther .

DEI SEPOLCRI
"I Sepolcri" sono un carme scritto nel 1806, in occasione delle
 polemiche per l'editto di Saint Cloud, ispirato da norme
 igieniche e da principi egalitari e dedicata al poeta Pindemonte. 
Foscolo dice nel carme che l'esistenza è dolore, ma l'uomo 
ha in sé la capacità di creare per se stesso dei miti: 
l'immortalità, l'amicizia, l'amore, la bellezza,... che, nonostante
 il loro valore illusorio, rendono la vita più degna e più bella.
 Gli uomini si tramandano queste illusioni affidandone la custodia
 al culto delle tombe e al canto dei poeti.
Il carme si svolge e accentra intorno alla figura di tre vati presentati
 da Foscolo in una sorta di figurazione simbolica:
Giuseppe Parini, rinnovatore del costume civile, maestro di 
orgogliosa povertà e indipendenza;
Vittorio Alfieri, irato ai numi della patria, sdegnoso lungo
 le rive solitarie dell'Arno;
Omero, simbolo di ogni poeta che risponda all'ideale
 nuovo di Foscolo, all'ideale del poeta che si ispira alla 
storia e consacra, rendendole eterne, le illusioni più
 generose degli uomini.
E accanto a Parini ed Alfieri, il Foscolo stesso,con
 la sua alta malinconia e il suo errabondo
fuggire di gente in gente.
Numerosi sono i valori che assumono via via i sepolcri:
VALORE AFFETTIVO ("corrispondenza d'amorosi sensi")
VALORE SOCIALE (la nascita del sepolcro coincide con quella della civiltà)
VALORE CIVILE ("A egrege cose il forte animo accendono
 l'urne dei forti“- le tombe di Santa Croce)
VALORE PATRIOTTICO (le tombe di Maratona) (nota 2)

Chiesa di Santa Croce a Firenze

LE GRAZIE
Il poemetto, mai terminato, è frammentario. E' diviso in tre parti, 
dedicate a Venere, Vesta e Pallade, rispettivamente simboli 
della bellezza, dell'intelligenza e della virtù. L'opera è una
 specie di storia poetica dell'incivilimento umano attraverso
 le "Grazie“ che rappresentano la poesia, la musica, la danza 
tramite cui l'uomo deve tendere all'armonia.
Nelle "Grazie" il mondo affettivo di Foscolo è tutto presente, 
ma sollevato a una sfera di bellezza ideale.
"Le Grazie" rappresentano la più completa fusione tra 
Romanticismo (sentimenti) e Neoclassicismo (armonia).

Le Grazie e Venere danzano davanti a Marte  di  Antonio  Canova 
Marte, seduto destra, viene distratto dall’arte della guerra
 con la danza delle  tre Grazie e dalla musica di Venere.
 Le figure femminili, vivaci e amorevoli, sono
 particolarmente eteree e leggiadre, rivestite di 
veli finissimi e trasparenti.




NOTE
( 1 )
[…]
Bellezza è verità, verità bellezza” […]
(da <Ode su un’urna greca> di J. Keats)
In questi versi di John Keats ritroviamo il vagheggiamento della
 bellezza e dell’arte che la fissa e rende eterna come modo 

di sottrarsi alla precarietà dell’esistere, al tempo che incalza, 
al disfacimento delle cose: ossia alla morte.
E questo è il tema delle grandi poesie foscoliane.

( 2)(vedi Preromanticismo)
L'ARTE TESTIMONIANZA CIVILE E MORALE
Il monumento funebre neoclassico si ispira, secondo le teorie
 di Winckelmann, a un'idea della morte composta e solenne,

 incentrata, come anche nei Sepolcri di Foscolo, su una
 fede laica nell'immortalità della virtù. 
 Il monumento a Vittorio Alfieri, commissionato dalla
 duchessa d'Albany a Canova, rispecchia questa idea classica e,
 come Foscolo, associa alla poesia di Alfieri (si notino i 
simboli della lira e dell'alloro) il valore della patria 
contribuendo al suo mito risorgimentale.
La figura della donna piangente in primo piano 
unisce il basamento al sepolcro in una composizione
 lineare, ma solenne e grandiosa.

lunedì 2 febbraio 2015

film DANTON (1983) diretto da Andrzej Wajda

 SINOSSI:
Parigi, primavera del 1794.
II anno della Repubblica. Dal settembre del 1793 è in corso la prima parte del periodo del Terrore, quella in cui la fazione dei perdenti, e cioè dei meno estremisti, è condannata alla ghigliottina. La giovane Repubblica attraversa un momento di grave crisi. Le sue frontiere sono minacciate dalle forze realiste, mentre all'interno imperversano carestia, inflazione e la lotta tra le diverse fazioni.
Il deputato montagnardo Danton (Gerard Depardieu), che con Marat e Robespierre è uno dei grandi protagonisti della Rivoluzione, allarmato dalle notizie che gli giungono dalla capitale lascia la sua campagna ad Arcis-sur-Aube dove si era ritirato temporaneamente e ritorna a Parigi per cercare di arrestare il Terrore.
Morto Marat, un baratro ormai divide Danton e Robespierre. Benché abbia avuto gran parte nelle stragi, sia stato ministro della giustizia e membro del primo Comitato di salute pubblica, Danton ora vuole fermare il bagno di sangue: pensa che, abbattuta la monarchia, la Francia abbia bisogno di pace e tolleranza. Robespierre, al contrario, è convinto che per battere i nemici interni ed esterni la Rivoluzione non debba arrestarsi: anche a costo di essere ingiusti e crudeli, bisogna realizzare tutti i principi banditi dalla Carta dei diritti dell'uomo.
"Il bene del Paese ci impone di essere più che mai cinici", dice ai componenti del Comitato di Salute Pubblica.
Molto popolare, Danton è appoggiato dalla Convenzione e dagli amici politici che hanno influenza sull'opinione pubblica. Primo fra tutti il giornalista Camille Desmoulins (Patrice Chereau), vecchio compagno di scuola di Robespierre e direttore del giornale Le vieux cordelier.
Sicuro
di sè, Georges Danton sfida dunque Robespierre ed il potente Comitato di Salute Pubblica, l'organo del governo rivoluzionario le cui figure principali sono Robespierre (Wojciech Pszoniak) e Saint Just (Boguslaw Linda).
Tecnicamente sarebbe facile mandare sotto processo Danton, implicato com'è in parecchi affari di corruzione tra cui quello della Compagnia delle Indie. Robespierre però in un primo momento rifiuta di farlo arrestare perchè teme la collera delle classi popolari che hanno portato alla Rivoluzione e che amano molto Danton. Il destino di Danton si gioca in un drammatico colloquio tra lui e Robespierre che si svolge in un scena "a porte chiuse" fondamentale del film.
In
essa emergono in tutta la loro chiarezza le inconciliabili divergenze politiche ed i caratteri diametralmente opposti dei due leader della Rivoluzione superbamente interpretati dai due attori principali, il francese Gerard Depardieu e il polacco Wojciech Pszoniak.
La sequenza dell'incontro tra Danton e Robespierre è magnifica.
L'incontro
si svolge in una piccola stanza di un palazzo parigino, in un' opprimente atmosfera claustrofobica. Danton viene mostrato come un buongustaio (ha fatto preparare una cena raffinatissima e beve vino durante tutta la scena).
E' solo lui che si alza, si muove, che occupa spazio, mentre nel frattempo spiega che si batte per il bene del popolo -- che lui conosce bene e Robespierre invece no -- affinchè possa ritrovare davvero la libertà che il governo del Terrore gli ha tolto. "Voglio che finisca il Terrore proprio perchè sono uno di quelli che l'ha instaurato".
Tu dimentichi che noi uomini siamo fatti di carne ed ossa! Che ne sai tu del popolo? Vuoi fare la felicità del popolo se tu stesso non sai cosa voglia dire essere un uomo?" ed ancora "Maxime, io me ne fotto dei Comitati!" sono soltanto alcune delle frasi sferzanti che getta in faccia a Robespierre.
Robespierre, di fronte a Danton, rimane immobile, dritto sulla sedia e tocca appena il suo bicchiere di vino, incarnando così l'idea della virtù che vuol fare trionfare.
Appare
dogmatico, freddo, uno che fa rientrare l'idea della felicità del popolo in una sterile concezione teorica, uomo di governo che agisce in nome del popolo ma che non lo conosce, il popolo, perchè ne sta lontano. Non esita a minacciare Danton: "Se tu smetti di attaccarmi, ti prometto che non avrai nulla da temere".
Ma la la rottura è consumata. Questa volta su proposta di Robespierre, il 30 marzo 1794, il Comitato di Salute Pubblica ordina l'arresto di Danton e dei suoi seguaci.
Robespierre fa arrestare anche Desmoulins, nonostante sia l'unica persona verso la quale sembra nutrire una parvenza di amicizia e di affetto.
Il processo che segue non è che una farsa. Danton usa tutta l'eloquenza che lo ha reso celebre per difendere il gruppo accusato.
Fa di tutto per spingere il Tribunale rivoluzionario, a capo del quale c'è il Grande Accusatore Fouquier-Tinville, alle estreme conseguenze.
Senza testimoni, senza possibilità di difendersi, senza possibilità di ottenere la parola, i fedeli di Danton si rivolgono alla folla: "Popolo francese..." che manifesta loro la propria simpatia intonando La Marsigliese.
La voce tonante di Danton esalta la folla ed allora il giudice Fouquier-Tinville, dietro la pressione di Robespierre utilizza un decreto che tronca il dibattito e vieta alla stampa di scrivere. La sentenza è, ovviamente, la morte. Il gruppo è imprigionato, Desmoulins rifiuta la visita di Robespierre che vorrebbe risparmiarlo.
Vengono tutti ghigliottinati il 5 aprile del 1794.
Le ultime parole di Danton sono al boia Samson: "Tu mostrerai la mia testa al popolo, ne vale la pena".
E
Samson lo farà, afferrandola per i capelli dal fondo dell'orribile canestro. In quel momento, Robespierre è a letto febbricitante e nel suo tragico delirio, intuisce la sconfitta di una Rivoluzione basata sulla violenza.
Le
scene finali mostrano un Saint Just esultante ma un Robespierre irrequieto e tormentato dal ricordo di quello che gli aveva profetizzato Danton nel corso del loro ultimo, fatale colloquio: il primo a cadere fra loro due avrebbe inevitabilmente trascinato l'altro alla rovina, e con essi sarebbe morta la Rivoluzione

Il
film si chiude così. Ma noi sappiamo che lo stesso Robespierre verrà ghigliottinato appena due mesi dopo e il boia Samson mostrerà alla folla la sua testa.
Il Danton di Wajda si presta ad una lettura almeno duplice: storica e politica. Certo, all'interno del film lo scontro si riduce a quello di due uomini: Robespierre e Danton, ma è chiaro che questi due personaggi incarnano, per il regista, due modalità di intendere la guida di una nazione: Danton la vita, il popolo, la passione; Robespierre il principio astratto, il calcolo, il cinismo politico.
Però
è storicamente noto e documentato che, nella realtà, l'opposizione di Danton --- arricchitosi con speculazioni di ogni tipo --- al regime del Terrore derivava in realtà dalla necessità di non inimicarsi gli aristocratici e i borghesi arricchiti e gli usurai.
Lo
scontro cui assistiamo è in realtà lo scontro tra due modalità diverse, ma in qualche modo speculari, di utilizzare "il popolo".
A
questo si aggiunge che il film di Wajda comporta un duplice discorso. Da una parte ricostruzione storica di uno dei più celebri processi politici della Rivoluzione per mostrarne l'ingiustizia, ma contemporaneamente, attraverso questo, denunciare le purghe dell'URSS e dei Paesi dell'Est. Un doppio discorso dunque, sulla Rivoluzione francese e sul comunismo, su una Francia dilaniata in quei tempi di Terrore e su una Polonia che subiva, negli anni '80, il potere del generale Jaruzelski e di Mosca. Danton come Lech Walesa e Robespierre come Jaruzelski, dunque?
Si tratta di un grande film, che però occorre saper decodificare.
Si
é già detto delll'impianto teatrale del lavoro di Wajda. In effetti, il regista si è basato su due opere teatrali che sono La morte di Danton di Georg Büchner, un dramma romantico tedesco del 1835 dal quale sono tratte la trama e alcune citazioni e L'Affare Danton della drammaturga polacca Stanislawa Przybyszewska, una pièce scritta tra il 1925 et 1929.
Qualche parola su attori, musica e luoghi del film.
Danton
è interpretato da un Depardieu a tratti rodomontesco che con la sua recitazione fisica diventa una forza della natura, espansivo e travolgente, che buca ed occupa la scena. Fa del suo personaggio il manifesto di un appello al volto umano della Rivoluzione.
A
lui si contrappone in modo eccellente il rigido e monolitico Robespierre interpretato dall'ascetico e interiorizzato Pszoniak che tende a compensare i dubbi interiori che lo lacerano fino alla malattia con la maschera inflessibile di una razionalità spinta sino al punto di considerare la felicità del popolo come un fine da perseguire anche contro la sua stessa volontà come quando appoggia l'ordine d'arresto dell'amico Camille Demoulins.
La musica originale di Jean Prodomides, disarmonica, che alterna note gravi e molto acute, è estremamente efficace nel creare tensione. A partire dalla sequenza di apertura, in cui la carrozza che porta Danton e la sua seconda moglie a Parigi ottiene il via libera dai sanculotti che vigilano alle porte della capitale.
E infine: come non rimanere colpiti dal fatto che l'ambientazione scelta per la prigionia di Danton e dei suoi fosse quel castello di Guermantes nel dipartimento di Seine-et-Marne al cui nome si ispirò Proust per alcuni dei personaggi più importanti della sua Recherche.