regia
di Marco Tullio Giordana
La
storia raccontata in questo film non è inventata e non lascia spazio
alla fantasia;
è
la storia di una ragazzo siciliano , Giuseppe (Peppino) lmpastato
originario di un paese
vicino
Palermo, Cinisi. Siamo nella seconda metà degli anni '70 e Peppino,
seppure faccia
parte
di una famiglia legata alla mafia, è determinato nel non
condividerne il
comportamento
e i "valori".
Si
sente , piuttosto, legato alle grandi speranze e agli ideali di cui
si sono nutriti tanti
giovani
tra gli anni '60 e '70 :la non-violenza, l'impegno politico vissuto
come fiducia nella
possibilità
di un rinnovamento della società civile ad opera dei singoli
individui, la giustizia
sociale.
lnsomma, Peppino vuole agire per cambiare le cose a Cinisi.
L'amicizia con un
anziano
militante della locale sezione del partito comunista, pur tra qualche
incomprensione,
lo sprona su questa strada di crescita umana e politica.
Le
sue scelte gli creano delle forti incomprensioni in famiglia,
soprattutto con il padre, che
non
capisce questo figlio che vuole <rompere> con gli schemi del
silenzio complice, della
rassegnazione,
dell'acquiescenza colpevole. Tuttavia Peppino, nato in una famiglia
mafiosa,
educato in un paese dominato da modelli mafiosi, si rifiuta di essere
uguale a
tutto
questo e lotta per sottrarsi ad un nemico che é tanto potente quanto
vicino.
ll
titolo del film (CENTO PASSI) indica, infatti, la distanza tra la
casa di famiglia di Peppino
e
quella di Tano Badalamenti (il personaggio di spicco della mafia di
Cinisi) che erano
nella
stessa via e vicinissime ed allude alla facilità di essere
fagocitati da un modello
criminale
che si ammanta di quotidianità e familiarità.
Tenta,
con alcuni amici, di pubblicare un piccolo giornale che critica
I'amministrazione
locale,
gli illeciti compiuti e la connivenza con la criminalità rnafiosa,
le speculazioni
edilizie
sui terreni intorno all'aeroporto di Punta Raisi. Apre una radio
libera, come allora
ce
n'erano tante, radio AUT, ed un circolo culturale, dove i ragazzi di
Cinisi vanno ad
ascoltare
musica, a ballare e a discutere. Ed é soprattutto dai microfoni di
radio AUT che
Peppino
porterà avanti la sua <guerra> contro la mafia di Cinisi e
contro Tano
Badalamenti
. E' una guerra combattuta con le armi dell'ironia e della satira,
con la "levità'
dei
vent'anni, (Peppino chiamava Tano Badalamenti <Tano seduto>) ma
con un profondo
rigore
morale ed una forte etica politica.
Quando,
infatti, arrivano a Cinisi dei compagni di Milano che vogliono creare
una
"comune"
sul mare e vivere a contatto con la natura ascoltando musica e
fumando hashish.
Peppino,
dopo aver parlato con loro, dice chiaramente che i compagni di Cinisi
non
possono
fare come quelli di Milano: chiudersi nel proprio privato a Cinisi,
vorrebbe dire
lasciare
spazio alla mafia e sarebbe la sconfitta della società civile.
Coerentemente
con questo punto di vista, Peppino si candida, nelle liste di
Democrazia
proletaria
(un piccolo partito della sinistra), per le elezioni comunali a
Cinisi . Viene ucciso
pochi
giorni dopo, nella notte tra l'8 e il 9 maggio 1978, fatto saltare in
aria con il tritolo sui
binari
della ferrovia; i carabinieri e la magistratura parlano della morte
di un probabile
terrorista
e tutto viene messo a tacere. Soltanto dopo molti anni, grazie alle
accuse di un pentito di mafia, Tano Badalamenti fu condannato come
il mandante dell'omicidio di Peppino lmpastato.
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